Dunque, a imitare Piccole donne ci hanno provato in
molte, e in molti. Ma come tutti i libri miracolosi e irripetibili, e quello
della Alcott lo era (ricordo che l’edizione inglese di Little Women da noi fu
suddivisa in due libri, Piccole donne e Piccole donne crescono, ma
nell’originale esso era un solo romanzo in due parti) quasi nessuno ci è
riuscito. Dico quasi perché, anche se nessuno ormai lo sa, anche se la cultura
e il sistema scolastico Italiano hanno fatto di tutto per farla cadere
nell’oblio, a imitare con grazia la
Alcott a talvolta a farla preferire al
lettore odierno per una maggiore leggerezza e un tocco di sensibilità moderna
in più fu una scrittrice Italiana, la meneghina Wanda Bontà.
l'autrice
Essa era una
delle narratrici sentimentali in voga soprattutto all’epoca del fascismo
(assieme a Willi Dias, Luciana Peverelli, Milly Dandolo, Liala e Giana
Anguissola, poi specializzatasi in narrativa per ragazzi) poi distrutte dalla
critica del dopoguerra che le accusò di piaggeria verso il regime in quanto non
denunciavano e non criticavano, come se cercare di creare un mondo migliore e
scevro dalla misera politica del tempo fosse una colpa; ma se la Bontà oggi è
ancora minimamente ricordata, lo è per due libri del tutto diversi dai graziosi
ma molto convenzionali (ne ho letti uno che non mi ha lasciato particolarmente
entusiasta) romanzi melò tipici suoi, ovvero un romanzo che raccontasse la quotidianità di alcune ragazze
del ceto medio e medio alto della Milano dei telefoni bianchi e delle camicie
nere.
Fu così che nel 1939, tra mille difficoltà e
l’angoscia crescente per il conflitto bellico ormai alle porte, che la Bontà,
bontà sua (scusate, non ho resistito) ripensò al capolavoro Alcottiano e ai
suoi meravigliosi personaggi e decise di traslare il tutto nel capoluogo
Lombardo, città ancora a misura d’uomo, di tram poco affollati, di persone che
si conoscono per sentito dire anche se abitano in quartieri diversi.
A dire il vero, le piccole donne del primo libro,
anzi le "signorinette" (che dolce parola, così musicale e simpatica)
sono soltanto tre e non sono sorelle, e hanno tutte sui diciassette anni,
qualcuno in più delle sorelle March. Ma in esse troviamo, mescolati ad hoc, i
caratteri delle 4 eroine della Alcott.
C’è Renata, la bella, svampita, benestante Renata
che prende la vita con (troppa) leggerezza, che è consapevole del suo fascino
e, anche se è in fondo è casta come una monaca, non rinuncia a flirtare con
coloro che le piacciono, fino a mettersi nei guai creando sciocchi equivoci con
la sua condotta sconsiderata (ai tempi, ora la rimprovererebbero per troppa
castigatezza, ovviamente), e che si può considerare un misto tra Meg (per
l’aspetto già da donna fatta e la sicurezza con cui accudisce le amiche più
timide) ed Amy (per i danni derivati dalla sua vezzosità).
Poi c’è Paola, detta Paolona perché abbastanza
cicciottella, una ragazza con un cuore proporzionato alla sua mole. Un
personaggio dolcissimo, che fa una tenerezza incredibile e che purtroppo, alla
fine del primo libro, morirà dolcemente come è vissuta. Questo personaggio per
alcuni aspetti, triste fine inclusa, può ricordare la mia carissima Beth, anche
se Paola al contrario di Beth ha voglia di vivere, di imporsi, e si odia per il
suo aspetto.
Il mio personaggio preferito, quello che se letto da
ragazzo mi avrebbe rapito il cuore diventando la ragazza su carta dei miei
sogni (mentre leggendo il libro adesso che ho 31 anni la immagino come la sorellina
che tanto avrei voluto, come è giusto
che sia) è però Iris, bionda, magra e delicata come lo stelo di un giunco,
scrittrice in erba e grande sognatrice ad occhi aperti, sensibilissima ma anche
altruista.
Iris, che vive con la madre adorata e un patrigno
che le vuole bene ma non la capisce, è di gran lunga il personaggio migliore
del libro, un perfetto mix tra Jo (per la determinazione nel voler diventare
scrittrice) Beth (per la sua dolcezza innata) e Meg (per la capacità di capire
i problemi delle sue più frivole amichette). Interessante poi il rapporto tra Iris e Gisella, una compagna di scuola
bellissima, misteriosa ( è arrivata da chissà dove solo nell’ultimo anno
scolastico e non da confidenza a nessuno a parte Iris) e più adulta ma
soprattutto matura di lei; leggendo, si intuisce abbastanza palesemente che per
Gisella Iris provi un sentimento ben più profondo che quello dell’amicizia, un
elemento che è in perfetta armonia col carattere della ragazza (anche Jo March,
per me, nonostante non abbia ovviamente flirt con nessuna ragazza, è sempre
parsa bisessuale, e il fatto che poi si sposi e abbia figli non significa un
bel niente, è solo un trionfo della mentalità inculcatale sulla sua vera natura)
e che ne aggiunge sfumature assai interessanti, per uno degli amori saffici più
belli e commoventi che mi sia mai capitato di leggere, un amore a senso unico
(Gisella si sposerà ben presto con un Barone andandosene da Milano) ma totale,
che secondo me non è possibile fraintendere. Anche per questo aspetto quanto
mai attuale il libro meriterebbe di essere riproposto.
Ma in ogni caso il debito con la Alcott si estingue ben presto, in quanto i personaggi
di Signorinette vivono di vita propria; il primo libro ha perlopiù un andamento
leggero e brillante da commedia dei telefoni bianchi, con passi esilaranti come
Renata che sbaglia diverse volte numero di telefono finendo per chiamare sempre
un povero igienista dentale, col quale avrà schermaglie talvolta irresistibili.
E poi le conversazioni tra le ragazze, i
timori per gli esami prima e per l’approssimarsi della guerra poi, un fitto e
resistente tessuto di dialoghi che finiscono per diventare il miglior documento
possibile della vita delle ragazze Milanesi dell’epoca.
Il primo romanzo termina con la morte(suppongo per
idropisia) di Paola e la fine dell’anno scolastico.
Il secondo libro, “Signorinette nella vita”, scritto
nel 1942 in pieno conflitto da un’autrice angosciata che cercò, come farà Iris,
nella scrittura una distrazione e una speranza, è un romanzo migliore del
primo, più maturo, meno dispersivo e meglio strutturato.
Sono passati tre anni, ritroviamo Renata e Iris
ormai diplomate, ormai quasi donne. Renata è fidanzata felicemente con quel
povero igienista dentale da lei amabilmente vessato, mentre Iris è sola soletta
e passa le giornate dando ripetizioni e scrivendo racconti che nessuno vuole
pubblicare.
La guerra ormai è entrata nella quotidianità di
Milano e della sua gente; si parla di soldati al fronte con angoscia crescente,
di allarmi antiaerei, di viveri razionati. L’autrice, con sforzo mirabile
quanto commovente, cerca di infondere speranza e ottimismo in ogni capitolo,
nonostante ancora nessuno potesse prevedere durata ed esito del conflitto.
Ma la guerra,
comunque, resta solo uno sfondo minaccioso che riguarda gli uomini, le
signorinette possono ancora vivere la loro vita di tutti i giorni, fare
progetti per l’avvenire, vivere nuove avventure come l’insegnamento nelle
colonie estive per ragazzi ripetenti o corsi di ginnastica di un mese per
tenersi in forma, da buone balilla.
E se Renata avrà il suo bel da fare per difendere il
suo fidanzamento (ovviamente col suddetto giovane dentista) da una suocera
terribile (come nel primo libro, Renata è protagonista delle scenette più
divertenti) Iris, dimenticata ormai Gisella, sarà corteggiata addirittura da
due uomini, entrambi ufficiali, uno bello e impossibile che però le fa capire
di non dovere aspettarsi troppo da lui e un altro che non ha il fascino del
primo ma che proverà a conquistarla con pazienza e discrezione.
Oltre a queste due protagoniste, l’ottimo romanzo
offre anche altre storie parallele di personaggi minori ma non per questo meno
riusciti, e quando anche il secondo libro, che ha un bellissimo finale aperto
nel quale si fa capire come i sogni delle due ragazze potrebbero anche non
sopravvivere alla terribile guerra attorno a loro, purtroppo termina, non si
può che provare una commozione mista a dispiacere e angoscia. Chissà se la
guerra ha risparmiato le signorinette e i loro amati, se tutti alla fine hanno
potuto contribuire alla ripartenza dell’Italia libera da guerre e dittature. Io
credo di si, Wanda Bontà sopravvisse, e sicuramente i suoi personaggi non
potevano lasciarla da sola, non credete?.
REPERIBILITA'; Il primo romanzo è ancora nel
catalogo Mursia e quindi ordinabile, il secondo libro va invece cercato online,
ma non è difficilissimo procurarselo.
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